ISRAELE
IL POPOLO ELETTO


... dalla pagina precedente

 

La Lettera agli Ebrei

La lettera agli Ebrei è la più bella del Nuovo Testamento in termini di linguaggio letterario, anche se ovviamente la versione greca è una traduzione molto raffinata dell’originale, che dovette essere in ebraico o in aramaico – nessuno avrebbe inviato una lettera agli “Ebrei” scritta in greco. Eusebio e Clemente sono tra coloro che riconoscono che la scrittura originale era in ebraico, ed attribuiscono a Luca la traduzione al greco. Ci sono molte ipotesi su chi possa essere stato l’autore, e possiamo dire che non fu Shaul. La menzione di Timoteo nella conclusione, e d’Italia come il luogo in cui è stata scritta, non sono una prove sufficienti per attribuire la paternità, né le altre caratteristiche presumibilmente paoline. Alcuni studiosi ritengono che sia stata scritta da una donna, che identificano con Priscilla, e per questo motivo il nome del mittente è stato omesso, dovuto a che in quei giorni non sarebbe stata ricevuta con autorità una lettera di una donna. L’uso alternato della prima persona in singolare e plurale contribuisce a questa teoria, possibilmente perché a volte includerebbe il marito, scrivendo a nome di entrambi. Tuttavia, il tema della lettera indica un’altra direzione: gli esseni. I concetti sul Messia, Malkitzedek, il santuario celeste, la frequente menzione di angeli ed altri elementi sono caratteristici della letteratura d’Henoch e dei Manoscritti di Qumran, e poi la lettera contiene passaggi molto simili agli scritti mistici di quel periodo ed anche di quello successivo alla stessa (letteratura della Merkabah e di Hekalot). Sulla base di questi fattori, possiamo dire che l’autore era decisamente Giudeo ed aveva una profonda conoscenza delle dottrine e gli insegnamenti esseni, potendo essere egli stesso un esseno. L’unica perplessità che puè sorgere è l’appartenenza dello scrittore al cerchio in cui si muoveva Shaul –per la menzione di Timoteo– la sua residenza o dimora in Italia al momento della stesura della lettera, dato che gli Esseni difficilmente sispostavano fuori del loro l’ambiente, anche se non possiamo escludere che qualcuno di loro si sia unito ai compagni di Shaul, lasciando da parte il loro particolare stile di vita. In ogni caso è chiaro che l’autore aveva una vasta conoscenza in materia della mistica essena. In questo modo, la lettera originale fu sicuramente scritta in ebraico o aramaico, e poi qualche altro discepolo la tradusse in greco per diffonderla anche fra i gentili.

Nelle citazioni testuali, anche se prenderemo come base la traduzione Nuova Riveduta, applicheremo qualche correzione, se necessario, in modo di riflettere più fedelmente il testo originale. Nel caso in cui si utilizzi un’altra traduzione, sarà specificato.

1:1 Elohim, dopo aver parlato anticamente molte volte e in molte maniere ai padri per mezzo dei profeti, 2 in questi ultimi giorni ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che egli ha costituito erede di tutte le cose, mediante il quale ha pure creato i mondi.
(Nuova Riveduta)

1:1 Avendo Iddio variamente, ed in molte maniere, parlato già anticamente a’ padri, ne’ profeti, in questi ultimi giorni, ha parlato a noi nel suo Figliuolo, 2 il quale egli ha costituito erede d’ogni cosa; per lo quale ancora ha fatti i secoli.
(Diodati)

L’inizio della narrazione è già molto diverso dalle altre lettere neo-testamentarie, con un linguaggio più solenne che ci introduce in uno sfondo mistico. La parola tradotta “mondi”, come nelle versioni in inglese Wycliffe e KJV, “worlds”, o “secoli”, come la troviamo nella Literal Translation in inglese, “ages”, è resa più letteralmente nella traduzione tedesca Schlachter 1951, “Weltzeiten”, che esprime un concetto più completo, approssimativamente si potrebbe tradurre come “età dei mondi” (“età” in plurale). Nel singolare corrisponde all’ebraico “olam” che generalmente si traduce “mondo” non solo in termini materiali, ma anche in riferimento al tempo, o ai tempi, per esempio, “il mondo a venire”, e questo è il significato espresso dall’autore – potremo quindi dire: mediante il quale ha pure creato le età dell’universo.

Lo scrittore presenta qui il Figlio in modo simile a Yohanan nel suo Evangelo: “Ogni cosa è stata fatta per mezzo di lui; e senza di lui neppure una delle cose fatte è stata fatta.” (Yohanan 1:3), ), concetto in linea con la visione mistica di quel di tempo, ma di cui non troviamo precedenti nel TaNaKh, bensì nella letteratura di Qumran, in Henoch ed altri scritti:

Henoch 48:2 In quel momento quel Figlio dell’uomo fu nominato in presenza del Signore degli spiriti e suo nome davanti all’Antico dei Giorni. 3 Già prima che il sole ed i segni siano stati creati, prima che le stelle del cielo fossero fatte, il suo nome fu pronunciato davanti al Signore degli spiriti.

Sefer Hekalot 13:1 “Perché il Santo, benedetto Egli sia, mi ha amato di un amore più grande di tutti gli esseri celesti, e scrisse con il suo dito, con il fuoco, sulla corona ch’era sulla mia testa, le lettere per cui furono creati i cieli e la terra”…

Il Sefer Hekalot fu scritto più di un secolo dopo la Lettera agli Ebrei, e rimaneva ancora tra i Giudei questo concetto del Figlio come il mezzo per cui Elohim ha creato tutte le cose. (vedi “Ciclo di Henoch”).
Anche l’idea dei “mondi” come presentata dall’autore di Ebrei si trova in questo libro, in 24:17; 41:2.

1:3 Egli, che è splendore della sua gloria e impronta della sua essenza, e che sostiene tutte le cose con la parola della sua potenza, dopo aver fatto la purificazione dei peccati, si è seduto alla destra della Maestà nei luoghi altissimi.

Qui troviamo la prima allusione ad un testo biblico: “YHVH ha detto al mio Signore: «Siedi alla mia destra finché io abbia fatto dei tuoi nemici lo sgabello dei tuoi piedi»” (Salmo 110:1). Tuttavia, ci sono più riferimenti al Figlio seduto su un trono celeste in altri scritti:

Henoch 69:27 Egli si sedette sul trono della sua gloria e la somma del giudizio è stata data al Figlio dell’uomo… 29 D’allora in poi nulla sarà danneggiato, perché questo Figlio dell’uomo è apparso e si sedette sul trono della sua gloria.

Durante i primi secoli della Diaspora, anche molto tempo dopo la composizione di questa lettera, era rimasta nel misticismo giudaico l’idea che ci fossero due troni di gloria in cielo, quello di YHVH e quello di “YHVH Minore” (cfr. Sefer Hekalot 10; 16).

1:4 Essendo fatto di tanto superiore agli angeli, quanto egli ha eredato un nome più eccellente ch’essi.

Confrontare con Henoch 48:2 In quel momento quel Figlio dell’uomo fu nominato in presenza del Signore degli spiriti e suo nome davanti all’Antico dei Giorni. – cfr. Sefer Hekalot 48d.

1:5 Infatti, a quale degli angeli ha mai detto Elohim: «Tu sei mio Figlio, oggi io t’ho generato»? e anche: «Io gli sarò Padre ed egli mi sarà Figlio»?

Anche in questo caso troviamo riferimento a un Salmo:

Salmo 2:7 Io annunzierò il decreto: L’Eterno mi ha detto: «Tu sei mio figlio, oggi io t’ho generato».

Cfr. Sefer Hekalot 3:2; 4:1.:

1:6 Di nuovo, quando introduce il primogenito nel mondo, dice: «Tutti gli angeli di Elohim lo adorino!».

Non troviamo nel TaNaKh alcun riferimento all’adorazione degli angeli se non solo verso l’Eterno. Tuttavia, questo concetto d’adorazione del Figlio era diffuso nel giudaismo di quel tempo ed anche molto dopo, come leggiamo nel Sefer Hekalot 4:5 Il Santo, benedetto Egli sia, mi ha fatto salire sull’alto del cielo, e mi ha nominato principe e sovrano tra gli angeli. – Cfr. Sefer Hekalot 14:1-3; 16:2; Henoch 48:2,5.

1:7 E mentre degli angeli dice: «Dei suoi angeli egli fa dei venti, e dei suoi ministri fiamme di fuoco».

Questa è una citazione testuale del TaNaKh:

Salmo 104:4 Egli fa dei venti i suoi messaggeri, delle fiamme di fuoco i suoi ministri.

Anche se questo concetto si trova in un Salmo, è un tema molto più frequente negli scritti della letteratura di Henoch. Cfr. Henoch 14:11 … tra i quali cherubini di fuoco. 17:1 … un luogo cui abitanti sono come fuoco ardente. – cf. Sefer Hekalot 15.1 Quando il Santo, benedetto Egli sia, mi pose come il suo ministro, la mia carne divenne fiamme ardenti... tutto il mio corpo era fuoco.

1:8Del Figlio dice: «Il tuo trono, o Elohim, dura di secolo in secolo, e lo scettro del tuo regno è uno scettro di giustizia. 9 Tu hai amato la giustizia e hai odiato l’iniquità; perciò Elohim, il tuoElohim, ti ha unto con olio di letizia, a preferenza dei tuoi compagni».

Anche in questo caso è una citazione testuale del TaNaKh:

Salmo 45:6 Il tuo trono, o Elohim, dura in eterno; lo scettro del tuo regno è uno scettro di giustizia. 7 Tu ami la giustizia e detesti l'empietà. Perciò Elohim, il tuo Elohim, ti ha unto d'olio di letizia; ti ha preferito ai tuoi compagni.

Anche se questo Salmo non è David, ha un carattere messianico, pur non attribuendo queste parole come dette al Figlio.

1:13 A quale degli angeli disse mai: «Siedi alla mia destra finché abbia posto i tuoi nemici come sgabello dei tuoi piedi»?

Ribadisce i concetti espressi in 1:3,5 facendo riferimento al Salmo 110:1.

1:14 Non sono essi tutti spiriti servitori, mandati a servire per il bene di coloro che hanno da ereditare la salvezza? [Nuova Diodati]

2:2 Infatti, se la parola pronunziata per mezzo di angeli si dimostrò ferma e ogni trasgressione e disubbidienza ricevette una giusta retribuzione, 3 come scamperemo noi se trascuriamo una così grande salvezza? Questa, dopo essere stata annunziata prima dal Signore, ci è stata poi confermata da quelli che lo avevano udito.

“La parola pronunziata per mezzo di angeli” ovviamente, è la Torah, che stabilisce i comandamenti e le punizioni per le trasgressioni.
Ancora una volta ci si presenta la tradizione giudaica del tempo, che la Torah è stata data per mezzo di angeli, come abbiamo visto in Galati 3:19 ed Atti 7:38, 53. Le Scritture (Tanakh) ci dicono invrece che la Torah è stata data direttamente da Elohim a Mosè. Abbiamo anche visto che questa tradizione continuò per molto tempo tra i Giudei, in quanto si trova nel Sefer Hekalot 48d:3-4. Giuseppe Flavio ci dà un’altra testimonianza che ci conferma che questo era il concetto di quell’epoca, in Antichità, 15.5.3 “Quanto a noi, abbiamo imparato da Dio la più eccellentr delle nostre dottrine, e la parte più sacra della nostra Legge, per mezzo degli angeli” (cfr. Giubilei 1:27).
L’unico accenno nella Scrittura, abbastanza oscuro da poter essere considerato un fondamento di questa convinzione, è nel Salmo 68:17 “I carri di Elohim si contano a miriadi e miriadi, a migliaia di migliaia: il Signore viene dal Sinai nel santuario”. I “carri” –merkavot– implica che si tratta di angeli, gli eserciti celesti.

2:5 Difatti, non è ad angeli che Elohim ha sottoposto il mondo futuro del quale parliamo; 6 anzi, qualcuno in un passo della Scrittura ha reso questa testimonianza: “Che cos’è l’uomo perché tu ti ricordi di lui o il figlio dell’uomo perché tu ti curi di lui? 7 Tu lo hai fatto di poco inferiore agli angeli; lo hai coronato di gloria e d’onore; 8 tu hai posto ogni cosa sotto i suoi piedi”. Avendogli sottoposto tutte le cose, Elohim non ha lasciato nulla che non gli sia soggetto. Al presente però non vediamo ancora che tutte le cose gli siano sottoposte.

L’autore passa ora all’argomento dell’umanità del Messia, dichiarando che il mondo a venire non è stato messo sotto l’amministrazione degli angeli, ma sotto la sua. Cita il Salmo 8:4-6 per introdurre la sua disertazione sull’umanità del Figlio.

2:16 Infatti, egli non viene in aiuto ad angeli, ma viene in aiuto alla discendenza di Abraam. 17 Perciò, egli doveva diventare simile ai suoi fratelli in ogni cosa, per essere un misericordioso e fedele Kohen Gadol nelle cose che riguardano Elohim, per compiere l’espiazione dei peccati del popolo. 18 Infatti, poiché egli stesso ha sofferto la tentazione, può venire in aiuto di quelli che sono tentati.

E con questo l’autore conclude la prima parte, in cui predomina la la sua esposizione sugli angeli. Tale enfasi su questo aspetto è una forte indicazione del fatto che la lettera fuscritta da una persona con la tradizione mistica, di tipo esseno, in quanto gli angeli costituivano un elemento molto importante nella loro teologia.

3:1 Perciò, fratelli santi, che siete partecipi della celeste vocazione, considerate Yeshua, l’apostolo e il Kohen Gadol della fede che professiamo, 2 il quale è fedele a colui che lo ha costituito, come anche lo fu Mosè, in tutta la casa di Elohim. 3 Yeshua, anzi, è stato ritenuto degno di una gloria tanto più grande di quella di Mosè quanto chi costruisce una casa ha maggior onore della casa stessa. 4 Certo ogni casa è costruita da qualcuno, ma chi ha costruito tutte le cose è Elohim. 5 Mosè fu fedele in tutta la casa di Elohim come servitore per rendere testimonianza di ciò che doveva essere annunziato, 6 ma il Messia lo è come Figlio, sopra la sua casa; e la sua casa siamo noi se manteniamo ferma sino alla fine la nostra franchezza e la speranza di cui ci vantiamo.

Lo scrittore introduce l’argomento principale della lettera (o discorso, come alcuni esegeti dicono), che è il sacerdozio, e presenta Yeshua principalmente nel suo ruolo di Kohen Gadol, vale a dire, della più alta autorità in materia di sacrifici. Come si può ben capire, il problema che si pone non è la Torah, la quale non si contesta, ma l’ufficio sacerdotale.

3:7 Perciò, come dice lo Spirito Santo: “Oggi, se udite la sua voce, 8 non indurite i vostri cuori come nel giorno della ribellione, come nel giorno della tentazione nel deserto, 9 dove i vostri padri mi tentarono mettendomi alla prova, pur avendo visto le mie opere per quarant’anni! 10 Perciò mi disgustai di quella generazione, e dissi: «Sono sempre traviati di cuore; non hanno conosciuto le mie vie»; 11 così giurai nella mia ira: «Non entreranno nel mio riposo!»” 12 Badate, fratelli, che non ci sia in nessuno di voi un cuore malvagio e incredulo, che vi allontani dall’Elohim vivente; 13 ma esortatevi a vicenda ogni giorno, finché si può dire: “Oggi”, perché nessuno di voi s’indurisca per la seduzione del peccato. 14 Infatti siamo divenuti partecipi del Messia, a condizione che manteniamo ferma sino alla fine la fiducia che avevamo da principio, 15 mentre ci viene detto: “Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori, come nel giorno della ribellione”. 16 Infatti, chi furono quelli che dopo averlo udito si ribellarono? Non furono forse tutti quelli che erano usciti dall’Egitto, sotto la guida di Mosè? 17 Chi furono quelli di cui Elohim si disgustò per quarant’anni? Non furono quelli che peccarono, i cui cadaveri caddero nel deserto? 18 A chi giurò che non sarebbero entrati nel suo riposo, se non a quelli che furono disubbidienti? 19 Infatti vediamo che non vi poterono entrare a causa della loro incredulità.

Qual’è la voce dell’Eterno? Come si manifestò al popolo che uscì fuori dall’Egitto? Attraverso i comandamenti. Tuttavia, ci furono quelli che peccarono, vale a dire non ubbidirono [ai comandamenti] perché non credettero. Coerentemente con tutte le Scritture, chi crede obbedisce, osserva la Torah. E coloro che non vollero farlo non sono entrati nel riposo, vale a dire, quelli che disprezzano l’osservanza della Torah non hanno nemmeno una fede vera, e non possono entrare nel Regno.

4:1 Perciò, poiché rimane ancora una promessa di entrare nel suo riposo, abbiamo timore perché qualcuno di voi non ne resti escluso. 2 Infatti a noi come pure a loro è stata annunziata la buona novella, ma la parola della predicazione non giovò loro nulla, non essendo stata congiunta alla fede in coloro che l’avevano udita. 3 Noi infatti, che abbiamo creduto, entriamo nel riposo come egli disse: «Così giurai nella mia ira: Non entreranno nel mio riposo». E così disse, sebbene le sue opere fossero terminate fin dalla fondazione del mondo. 4 In qualche luogo infatti, a proposito del settimo giorno, egli disse così: «Ed Elohim si riposò nel settimo giorno da tutte le sue opere»; 5 e ancora in questo passo: «Non entreranno nel mio riposo». 6 Poiché dunque rimane per alcuni di entrarvi, mentre quelli a cui prima fu annunziata la buona novella non vi entrarono a motivo della loro incredulità, 7 egli determina di nuovo un giorno: “Oggi”, dicendo dopo tanto tempo, come è stato detto prima per mezzo di David: «Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori». 8 Perché, se Giosuè avesse dato loro riposo, Elohim non avrebbe in seguito parlato di un altro giorno. 9 Resta dunque un riposo di Shabat per il popolo di Elohim; 10 Chi infatti è entrato nel suo riposo, si è riposato anch’egli dalle proprie opere, come Elohim si riposò dalle sue. 11 Diamoci da fare dunque per entrare in quel riposo, affinché nessuno cada seguendo lo stesso esempio di disubbidienza.
[Nuova Diodati]

È notevole che le traduzioni in italiano hanno, in generale, reso correttamente il testo in 4:9, mentre in altre lingue molti traduttori hanno omesso o distorto la parola “sabato”, che è chiaramente scritta nel testo originale. Tuttavia, sono preferibili le versioni Diodati, Luzzi e Nuova Diodati, che rendono testualmente “riposo di sabato”, mentre la Nuova Riveduta e CEI dicono in maniera meno chiara “riposo sabatico”. Anche in tedesco, la traduzione Schlachter dice “Sabbatruhe”, che è “riposo di Shabat” (quella di Lutero, noto antisemita, invece non menziona il sabato). In inglese, la KJV –la versione più diffusa – lo omette, invece la Bibbia Wycliffe presenta il testo in modo corretto: “Therefore the Sabbath is left to the people of God” (dunque, il Shabat è rimasto per il popolo di Elohim). Non vorrei giudicare maliziosamente, ma temo che l’omissione fatta da alcuni traduttori sia stata intenzionale, per non scuotere le fondamenta dell’intero edificio cristiano anti-Shabat che si è costruito nei secoli.
Se leggiamo con attenzione le Scritture, vediamo che fin dai tempi di Giosuè il popolo disobbediva a questo comandamento, perciò David glielo dovette ricordare di nuovo… A buon intenditore non occorre altra spiegazione: chi vuole entrare riposo di Elohim, non cada seguendo lo stesso esempio di disubbidienza (4:11). Osservi tutti i comandamenti.

4:14 Avendo dunque un grande Kohen Gadol che è passato attraverso i cieli, Yeshua, il Figlio di Elohim, stiamo fermi nella fede che professiamo. 15 Infatti non abbiamo un Kohen Gadol che non possa simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, poiché egli è stato tentato come noi in ogni cosa, senza commettere peccato. 16 16 Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovar grazia ed essere soccorsi al momento opportuno.
5:1 Infatti ogni Kohen Gadol, preso tra gli uomini, è costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Elohim, per offrire doni e sacrifici per i peccati; 2 così può avere compassione verso gli ignoranti e gli erranti, perché anch'egli è soggetto a debolezza; 3 ed è a motivo di questa che egli è obbligato a offrire dei sacrifici per i peccati, tanto per sé stesso quanto per il popolo. 4 Nessuno si prende da sé quell'onore; ma lo prende quando sia chiamato da Elohim, come nel caso di Aaronne.

Qui l’autore ci introduce al punto principale del suo discorso: il sacerdozio – non la “Legge”, come molti interpretano, ma l’aspetto rituale per quanto riguarda la remissione dei peccati, che non ha a che fare con i comandamenti, ma con la violazione degli stessi. Specificamente, è in rapporto con l’ordine levitico, istituito ad iniziare da Aharon allo scopo di svolgere il ruolo di mediatori tra Elohim e il popolo, che era strettamente legato al Tempio ed il suo ministero dipendeva dell’esistenza dello stesso. Lo scrittore presenta Yeshua come Kohen Gadol, ed il ruolo di Kohen era quello di offrire sacrifici per i peccati, –cioè, per le trasgressioni della Torah– e Yeshua, come il maggiore di tutti, si è offerto sé stesso per il perdono dei peccati –ovvero, delle trasgressioni della Torah– ma in nessun momento ha annullato la Torah, né alcuno dei suoi comandamenti, perché se li avessi annullato non ci sarebbe stato più bisogno di alcun sacrificio, in quanto non ci sarebbero più comandamenti da trasgredire.

5:7 Nei giorni della sua carne, con alte grida e con lacrime egli offrì preghiere e suppliche a colui che poteva salvarlo dalla morte ed è stato esaudito per la sua pietà. 8 Benché fosse Figlio, imparò l’ubbidienza dalle cose che soffrì; 9 e, reso perfetto, divenne per tutti quelli che gli ubbidiscono, autore di salvezza eterna.

Che differenza con i cristiani che credono di non dover obbedire perché sono “figlii” e non più schiavi (della Torah)! Tutto l’opposto all’esempio dato loro dal Maestro, che essendo figlio “imparò l’obbedienza” e così anche porterà la salvezza solo a coloro che obbediscono, e non a tutti coloro che semplicemente “hanno fede” e si credono salvati senza obbedire ai comandamenti.

5:5 Così anche il Messia non si prese da sé la gloria di essere fatto Kohen Gadol, ma la ebbe da colui che gli disse: “Tu sei mio Figlio; oggi ti ho generato”. 6 Altrove egli dice anche: “Tu sei kohen in eterno secondo l’ordine di Melchisedec”. 10 Essendo da Elohim proclamato Kohen Gadol secondo l’ordine di Melchisedec.

Lo scrittore cita nuovamente il Salmo 2:7 “Tu sei mio figlio, oggi io t’ho generato”, e poi il Salmo 110:4 “Tu sei Kohen in eterno, secondo l’ordine di Melchisedek”. L’introduzione di Malkitzedek e l’ampio spazio dedicato a lui in questa lettera –più che in tutto il TaNaKh– palesa l’origine esseno dell’autore, o almeno la suo profonda conoscenza delle dottrine degli esseni, per i quali Malkitzedek era una figura messianica ed il suo sacerdozio era considerato eterno e superiore a quello levitico, già dapprima del ministero di Yeshua.
Nel rotolo di Qumran 11Q13, si legge:

“... A proposito dei prigionieri, come ha detto Yeshayahu, per proclamare il giubileo ai prigionieri... e Malkitzedek... darà loro ciò che è giusto. Egli annuncierà loro il giubileo, perdonandoli il debito di tutti i loro peccati. ... Arriverà il giorno di espiazione... quando egli sarà offerto per tutti i figli di luce, e il popolo predestinato da Malkitzedek... Perché questo è il tempo fissato per l’anno di grazia di Malkitzedek, e per il suo potere egli giudicherà i santi di Elohim e stabilirà un regno di giustizia, come è scritto di lui nei Salmi di Davide: «un essere divino ha preso il suo posto nel consiglio di Elohim; egli giudica in mezzo agli angeli». ... La Scrittura dice di lui «al di sopra (dell’assemblea) è salito per sedersi nei cieli; un essere divino giudicherà i popoli». ... Come dice la Scrittura: «Fino a quando giudicherete ingiustamente, e avrete riguardo dei malvagi?»... «Il tuo angelo divinoo» è Malkitzedek, che li renderà liberi dal potere di Belial”..

C’è anche un mito sulla nascita soprannaturale di Malkitzedek, senza la partecipazione dell’uomo, nel libro pseudo-epigrafico detto 2Henoch, nel capitolo 23, dove anche è chiamato “Figlio di Elohim” (23:52), e racconta che fu portato in cielo prima del Diluvio perché fosse poi il prototipo sacerdotale dell’ età successiva. La comparazione di Malkitzedek con Yeshua nella Lettera agli Ebrei ed i concetti espressi negli scritti mistici degli esseni mostrano un parallelismo sorprendente.

5:11 Su questo argomento [Melchîsedec] avremmo molte cose da dire, ma è difficile spiegarle a voi perché siete diventati lenti a comprendere. 12 Infatti, dopo tanto tempo dovreste già essere maestri; invece avete di nuovo bisogno che vi siano insegnati i primi elementi degli oracoli di Elohim; siete giunti al punto che avete bisogno di latte e non di cibo solido. 13 Ora, chiunque usa il latte non ha esperienza della parola di giustizia, perché è bambino; 14 ma il cibo solido è per gli adulti; per quelli, cioè, che per via dell’uso hanno le facoltà esercitate a discernere il bene e il male.

A quel tempo i credenti erano talmente afferrati al sistema levitico avevano difficoltà a comprendere il ministero di Malkitzedek –proprio per questo era un argomento per quelli iniziati alle dottrine mistiche, e non per il popolo in generale–, ma l’essere ritardati nell’udire non è caratteristica solo di quelli, ma continua ad esserlo nella maggior parte dei lettori di questa lettera, i quali devono essere rieducati nella giustizia, che è come sappiamo, la Torah, in quanto è l’unica parola che ci insegna a discernere il bene e il male.

6:1 Perciò, lasciando l’insegnamento elementare intorno al Messia, tendiamo a quello superiore e non stiamo a porre di nuovo il fondamento del ravvedimento dalle opere morte e della fede in Elohim, 2 della dottrina dei battesimi, dell’imposizione delle mani, della risurrezione dei morti e del giudizio eterno. 3 Questo faremo se Elohim lo permette.

Lo scrittore cambia improvvisamente argomento, ma poi tornerà a parlare di Malkitzedek. La sua preoccupazione è l’immaturità del suo pubblico, che, invece di crescere sempre ritornano ai concetti di base e non vanno avanti nella conoscenza delle Scritture, come oggi, quando gli si parla di osservare la Torah, la maggior parte dei cristiani rispondono “siamo sotto la grazia, abbiamo creduto e siamo salvati per fede”, il che dimostra che non hanno capito nulla del messaggio dell’Evangelo, ma continuano ancora a rapportarsi a quelle cose che erano solo l’inizio, il punto di partenza, e non seguono il percorso di crescita e maturità.

6:4 Infatti quelli che sono stati una volta illuminati e hanno gustato il dono celeste e sono stati fatti partecipi dello Spirito Santo 5 e hanno gustato la buona parola di Elohim e le potenze del mondo a venire, 6 e poi sono caduti, è impossibile ricondurli di nuovo al ravvedimento perché crocifiggono di nuovo per conto loro il Figlio d’Elohim e lo espongono a infamia. 7 Quando una terra, imbevuta della pioggia che vi cade frequentemente, produce erbe utili a quelli che la coltivano, riceve benedizione da Elohim; 8 ma se produce spine e rovi, è riprovata e prossima a essere maledetta; e la sua fine sarà di essere bruciata.

Questo passaggio ha causato molte polemiche, soprattutto nel dibattito tra coloro che sostengono che la salvezza si può perdere e quelli che credono di no. È molto chiaro il concetto che la salvezza non dipende solo dalla fede, ma dal perseverare nella fede e nell’obbedienza, e nel fare il bene, come si è visto ampiamente nel corso di questo studio. E quelli che si ritraggono, non hanno una prospettiva molto luminosa davanti a sé. Di questo tornerà a parlare l’autore più avanti.

6:9 Tuttavia, carissimi, benché parliamo così, siamo persuasi riguardo a voi di cose migliori e attinenti alla salvezza; 10 Elohim infatti non è ingiusto da dimenticare l’opera vostra e l’amore che avete dimostrato per il suo nome con i servizi che avete resi e che rendete tuttora ai santi. 11 Soltanto desideriamo che ciascuno di voi dimostri sino alla fine il medesimo zelo per giungere alla pienezza della speranza, 12 affinché non diventiate indolenti ma siate imitatori di quelli che per fede e pazienza ereditano le promesse.

Ribadendo quanto detto prima, lo scrittore esorta i destinatari di continuare nelle buone opere, di cui Elohim tiene conto perché appartengono alla salvezza (e non solo la fede), ed in questa perseveranza fino alla fine vi è la speranza della promessa.

6:20 Dove Yeshua è entrato per noi quale precursore, essendo diventato Kohen Gadol in eterno secondo l’ordine di Melchisedec.
7:1 Questo Melchisedec, re di Salem, era kohen dell’Elohim Altissimo. Egli andò incontro ad Abraam, mentre questi ritornava dopo aver sconfitto dei re, e lo benedisse. 2 E Abraam diede a lui la decima di ogni cosa. Egli è anzitutto, traducendo il suo nome, Re di giustizia; e poi anche re di Salem, vale a dire Re di pace. 3 È senza padre, senza madre, senza genealogia, senza inizio di giorni né fin di vita, simile quindi al Figlio di Elohim. Questo Melchisedec rimane kohen in eterno.

Questa descrizione di Malkitzedek appartiene, come abbiamo detto, alla letteratura mistica giudaica, principalmente degli esseni, come il Rotolo di Qumran 11Q13 che abbiamo citato sopra. È certamente un uomo avvolto nel mistero, e molte cose sono state dette su di lui. Anche in ambienti cristiani lo si propone come una pre-incarnazione del Messia, sulla base della dichiarazione “senza padre, senza madre, senza genealogia, senza inizio di giorni né fin di vita”. Neanche nel giudaismo c’è un parere unanime sulla sua identità. Tra le opinioni più plausibili, che spiegherebbe questa affermazione dello scrittore, è che sia stato Shem, figlio di Noè, chi nel momento in cui fu visitato da Avraham era l’uomo più anziano della terra, e come superstite del mondo antico (cioè, antidiluviano) sarebbe il rappresentante del sacerdozio stabilito nel principio – perché fin dall’inizio dell’umanità si offrivano sacrifici. In quanto tale, in questa nuova era non aveva un padre o una madre, né una stirpe, ed avendo sopravvissute allo stesso Avraham egli verrebbe ad essere come uno che non ha avuto né principio di giorni (perché esisteva dapprima del “principio” di questa età) né fine, perché era ancora in vita quando Abraham, che ricevette la promessa, era già morto. La Peshitta traduce: “senza registro di padre e madre nelle genealogie, né dell’inizio dei suoi giorni né la fine della sua vita”.
Inoltre, il suo nome sembra essere più un titolo che un nome di persona, “Malki-Tzedek” si traduce come “Re di Giustizia” e poi anche “Re di Salem” sarebbe un titolo onorifico, ed entrambi gli danno un forte carattere messianico.

7:4 Pertanto considerate quanto sia grande costui al quale Abraam, il patriarca, diede la decima del bottino! 5 Ora, tra i figli di Levi, quelli che ricevono il sacerdozio hanno per legge l’ordine di prelevare le decime dal popolo, cioè dai loro fratelli, benché questi siano discendenti di Abraam. 6 Melchisedec, invece, che non è della loro stirpe, prese la decima da Abraam e benedisse colui che aveva le promesse! 7 Ora, senza contraddizione, è l’inferiore che è benedetto dal superiore. 8 Inoltre, qui, quelli che riscuotono le decime sono uomini mortali; là invece le riscuote uno di cui si attesta che vive. 9 In un certo senso, nella persona d’Abraam, Levi stesso, che riceve le decime, ha pagato la decima; 10 perché egli era ancora nei lombi di suo padre, quando Melchisedec incontrò Abraam.

Partendo da questo punto si sviluppa tutto l’argomento successivo riguardante la “legge”, e com’è nostra abitudine, analizzeremo tutto il contesto per capire di cosa si tratta, anziché affrettarci a dichiarare assurdità come fanno coloro che sostengono che la Torah non è più valida (quando li fa comodo). Ovviamente, lo scrittore si riferisce sempre, in modo chiaro e senza ombra di dubbio, al sistema levitico e non alla Torah. Solo espone la temporalità dell’istituzione levitica per questa età (giacché abbiamo visto nella profezia di Ezechiele, che quando il Tempio sarà ricostruito nell’Era Messianica, il ministero levitico viene ripristinato nel mondo a venire). E qui parla di un comandamento e di una legge: il comandamento di prendere le decime, come previsto dalla legge che regolava le proprietà delle Tribù di Israele:

Numeri 18:20 L’Eterno disse ancora ad Aaronne: “Tu non avrai nessuna proprietà nel paese dei figli d’Israele e non ci sarà parte per te in mezzo a loro; io sono la tua parte e la tua eredità in mezzo a loro. 21 Ai figli di Levi io do come proprietà tutte le decime in Israele in cambio del servizio che fanno nella tenda di convegno. 22 I figli d’Israele non si avvicineranno più alla tenda di convegno, per non caricarsi di un peccato che li farebbe morire. 23 Ma il servizio della tenda di convegno lo faranno soltanto i Leviti; ed essi porteranno il peso delle proprie iniquità; sarà una legge perenne, di generazione in generazione; e non possederanno nulla tra i figli d’Israele; 24 Poiché io do come proprietà ai Leviti le decime che i figli d’Israele presenteranno all’Eterno come offerta elevata; per questo dico di loro: Non possederanno nulla tra i figli d’Israele”. 25 L’Eterno disse a Mosè: 26 “Parlerai inoltre ai Leviti e dirai loro: Quando riceverete dai figli d’Israele le decime che io vi do per conto loro come vostre proprietà, metterete da parte un’offerta da fare all’Eterno: una decima della decima; 27 e l’offerta che avrete prelevata vi sarà contata come il grano che viene dall’aia e come il mosto che esce dal torchio. 28 Così anche voi metterete da parte un’offerta per l’Eterno da tutte le decime che riceverete dai figli d’Israele e darete al kohen Aaronne l’offerta che avrete messa da parte per l’Eterno”.

È di QUESTA LEGGE e di QUESTO COMANDAMENTO che lo scrittore parla in tutta questa dissertazione. È più che chiaro, in quanto in ogni momento si riferisce al ministero dei kohanim, ed alle leggi ad essi relative. Egli non dice assolutamente nulla circa la Legge di Mosè, ma si riferisce in modo specifico, categorico ed inequivocabile alla legge della decima, ed al comandamento che esigeva di darla ai Leviti. Misteriosamente, molti cristiani interpretano esattamente al contrario: annullano l’intera Torah, ma richiedono la decima dai loro fratelli!

7:11 Se dunque la perfezione fosse stata possibile per mezzo del sacerdozio levitico (perché su quello è basata la legge data al popolo)

– Quale legge? Quella appena citata in 7:5, il comandamento di prendere le decime dal popolo.

7:11 che bisogno c’era ancora che sorgesse un altro kohen secondo l’ordine di Melchisedec e non scelto secondo l’ordine di Aaronne? 12 Poiché, cambiato il sacerdozio, avviene necessariamente anche un cambiamento di legge.

– Quale legge? Quella appena citata in 7:5, il comandamento di prendere le decime dal popolo.

7:13 Infatti, queste parole sono dette a proposito di uno che appartiene a un’altra tribù, della quale nessuno fu mai assegnato al servizio dell’altare; 14 è noto infatti che il nostro Signore è nato dalla tribù di Yehuda, per la quale Mosè non disse nulla riguardo al sacerdozio.

– Come stabilito in Numeri 18:20-28, solo la tribù di Levi aveva diritto al sacerdozio, e quindi alle decime.

7:15 E la cosa è ancor più evidente quando sorge, a somiglianza di Melchisedec, un altro kohen 16 che diventa tale non per disposizione di una legge dalle prescrizioni carnali, ma in virtù della potenza di una vita indistruttibile;

– Quale legge e quale comandamento? Quelli appena citati in 7:5, la legge levitica, che istitu’ il comandamento di prendere le decime dal popolo.

7:17 perché gli è resa questa testimonianza: “Tu sei kohen in eterno secondo l’ordine di Melchisedec”. 18 Così, qui vi è l’abrogazione del comandamento precedente a motivo della sua debolezza e inutilità;

– Quale comandamento? Quello precedente, come dice chiaramente e l’abbiamo letto in 7:5, di prendere le decime dal popolo, perché se non c’è più sacerdozio levitico, ovviamente, diventa inutile e irrilevante di per sé.

7:19 (infatti la legge non ha portato nulla alla perfezione); ma vi è altresì l’introduzione di una migliore speranza, mediante la quale ci accostiamo a Elohim.

– Quale legge? La stessa di cui viene parlando fino ad ora, non è cambiato il soggetto, ma rimane in linea con quanto detto prima, vale a dire, la legge del sacerdozio levitico e delle decime.

7:20 Questo non è avvenuto senza giuramento. Quelli sono stati fatti kohanim senza giuramento, 21 ma egli lo è con giuramento, da parte di colui che gli ha detto: Il Signore ha giurato e non si pentirà: Tu sei sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedec”. 22 Ne consegue che Yeshua è divenuto garante di un patto migliore del primo. 23 Inoltre, quelli sono stati fatti kohanim in gran numero, perché la morte impediva loro di durare; 24 egli invece, poiché rimane in eterno, ha un sacerdozio che non si trasmette. 25 Perciò egli può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Elohim, dal momento che vive sempre per intercedere per loro. 26 Infatti a noi era necessario un Kohen Gadol come quello, santo, innocente, immacolato, separato dai peccatori ed elevato al di sopra dei cieli; 27 il quale non ha ogni giorno bisogno di offrire sacrifici, come gli altri kohanim, prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo; poiché egli ha fatto questo una volta per sempre quando ha offerto sé stesso. 28 La legge infatti costituisce kohanim uomini soggetti a debolezza; ma la parola del giuramento fatto dopo la legge, costituisce il Figlio, che è stato reso perfetto in eterno.

Tutto il discorso ha un filo consistente e definito in ogni momento, non si discosta dell’argomento, che è il sacerdozio temporaneo, istituito ai sensi della legge levitica ed aveva il comandamento di ricevere le decime, ed il sacerdozio dell’ordine di Malkitzedek che non è temporaneo e quindi ha un carattere distinto dal primo. C’è qualcuno che veda in tutto il testo che si stia parlando di qualche altra legge o qualche altro comandamento?
Mi dispiace aver messo il dito nella piaga di molti cristiani; la Torah che essi vogliono abolire, e la decima che invece vogliono imporre: è esattamente all’incontrario.

8:1 Ora, il punto essenziale delle cose che stiamo dicendo è questo: abbiamo un Kohen Gadol tale che si è seduto alla destra del trono della Maestà nei cieli, 2 ministro del santuario e del vero tabernacolo, che il Signore, e non un uomo, ha eretto. 3 Infatti, ogni Kohen Gadol è costituito per offrire doni e sacrifici; è perciò necessario che anche questo Kohen Gadol abbia qualcosa da offrire. 4 Ora, se fosse sulla terra, egli non sarebbe neppure kohen, poiché vi sono coloro che offrono i doni secondo la legge. 5 Essi celebrano un culto che è rappresentazione e ombra delle cose celesti, come Elohim disse a Mosè quando questi stava per costruire il tabernacolo: “Guarda”, disse, “di fare ogni cosa secondo il modello che ti è stato mostrato sul monte”. 6 Ora però egli ha ottenuto un ministero tanto superiore quanto migliore è il patto fondato su migliori promesse, del quale egli è mediatore. 7 Perché se quel primo patto fosse stato senza difetto, non vi sarebbe stato bisogno di sostituirlo con un secondo.

L’autore continua a parlare del sacerdozio, non si discosta dell’argomento. Il santuario, o Kadosh HaKdoshim, il tabernacolo, o Beyt HaMiqdash, sono elementi del Patto Levitico, non del Patto Sinaitico. La legge dei sacrifici non fa parte dei comandamenti della Torah, ma è stata prevista per risarcire le infrazioni ai comandamenti della Torah. Il disegno che fu mostrato a Mosè sul monte, che è una rappresentazione e ombra delle cose celesti, non erano le tavole della Legge, ma il tabernacolo, che fu poi sostituito dal Tempio di Gerusalemme, e per settant’anni non c’è stato nessun Tempio –da quando il primo fu distrutto da Nabucodonosor, fino a quando fu ricostruito e completato nel sesto anno di Dario– e quindi il Patto Levitico era stato sospeso per l’impossibilità di compierlo, tuttavia, non è stata sospesa la Torah, né il Patto Sinaitico. La differenza tra una cosa e l’altra è chiara, e non c’è modo di non capirlo, a meno che non lo si voglia capire per accanimento, per voler persistere nell’errore di una teologia iniqua, la quale sostiene che la Torah sia stata abolita.

A riguardo del santuario celeste non ci sono riferimenti nel Tanakh, ma è un concetto che appartiene alla letteratura di Henoch e di Merkabah, in cui Henoch, divenuto un essere angelico in cielo, si presenta come Kohen anche se non lo è stato quand’egli era sulla Terra (Libro di Henoch, 14). In Sefer Hekalot 15b:1, libro giudaico che fu scritto dopo la Lettera agli Ebrei, Henoch entra nella tenda di luce nel cielo. Da questo possiamo capire che si trattava di un concetto mistico del giudaismo di quel tempo.

Il Patto Levitico richiedeva che i sacrifici per il peccato –cioè, per le violazioni alla Torah– fossero continui, e non esisteva uno definitivo che potesse assolvere tutti. Per questo si rese necessario un altro patto, quello di un sacerdozio eterno in cui un solo sacrificio fosse sufficiente. Questo è il messaggio che ci trasmette con chiarezza l’autore di questa lettera.

8:8 Infatti Elohim, biasimando il popolo, dice: «Ecco, i giorni vengono», dice il Signore, «che io concluderò con la casa d’Israele e con la casa di Yehuda, un patto nuovo; 9 non come il patto che feci con i loro padri nel giorno in cui li presi per mano per farli uscire dal paese d’Egitto; perché essi non hanno perseverato nel mio patto, e io, a mia volta, non mi sono curato di loro», dice il Signore. 10 Questo è il patto che farò con la casa d’Israele dopo quei giorni», dice il Signore: «io metterò le mie leggi nelle loro menti, le scriverò sui loro cuori; e sarò il loro Elohim, ed essi saranno il mio popolo. 11 Nessuno istruirà più il proprio concittadino e nessuno il proprio fratello, dicendo: “Conosci il Signore!” Perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande di loro. 12 Perché avrò misericordia delle loro iniquità e non mi ricorderò più dei loro peccati». 13 Dicendo «un nuovo patto», egli ha dichiarato antico il primo. Ora, quel che diventa antico e invecchia è prossimo a scomparire.

I versetti da 8 a 12 sono citazione testual da Geremia 31:31-34. Quindi, in primo luogo, questo “nuovo patto” è con Israele e Yehuda, sia in Ebrei che in Geremia. Non si trova nessuna indicazione che includa i Gentili. Non si trova nessun indizio che ci sia un patto con una congregazione diversa da Israele e Yehuda. Non fa alcuna menzione dell’entità chiamata chiesa. D’altronde, questa lettera è indirizzata “agli Ebrei”, allora, per quale motivo i cristiani l’attribuiscono a sé stessi? E poi, non si vedono oggi, né in Israele, né in Yehuda, né tantomeno nella chiesa, che gli effetti di questo nuovo patto si siano verificati:
• Io metterò le mie leggi nelle loro menti, le scriverò sui loro cuori.
• Nessuno istruirà più il proprio concittadino e nessuno il proprio fratello, dicendo: “Conosci il Signore!” Perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande di loro.
Quindi, questo è qualcosa che dovrebbe accadere in futuro perché non si è ancora verificato. Se questo “nuovo patto” fosse stato completato, non ci sarebbe bisogno di evangelizzare nessuno, perché tutti conoscerebbero l’Eterno e camminerebbero secondo i suoi comandamenti.

In realtà 8:13 corrisponde come tema al capitolo successivo (sapendo che la divisione in capitoli e versetti non fa parte del testo originale, ma furono aggiunti molto tempo dopo). “Dicendo «un nuovo patto», egli ha dichiarato antico il primo. Ora, quel che diventa antico e invecchia è prossimo a scomparire”. Abbiamo già spiegato di quale patto si tratta, in quanto segue facendo riferimento allo stesso di cui parlava già prima ed è il tema principale di tutto il libro, cioè, il Patto Levitico (come vedremo nel prossimo capitolo). Ed il sacerdozio, di fatto, smise d’esistere poco tempo dopo la scrittura di questa lettera, con la distruzione del Tempio. Ciononostante, se qualcuno ancora dubbita di quale patto si parla in questo verso e pensa che sia qualcun altro, l’invitiamo a verificare che il nuovo patto qui menzionato non è ancora in vigore, dal momento che la Legge d’Elohim non è scritta nei cuori, né tantomeno la conoscenza dell’Eterno in tutti gli esseri umani. D’altronde, cosa significa che è “prossimo” a svanire? Anche la venuta del Signore è vicina (Giacomo 5:8; 1Yohanan 2:28; 1Tessalonicesi 3:13), così vicina che Shaul pensava essere ancora in vita quando questa accadesse (1Tessalonicesi 4:15,17 “noi viventi, i quali saremo rimasti fino alla venuta del Signore… noi viventi, che saremo rimasti”), Ed anche tutto quanto è annunciato nell’Apocalisse era vicino (Apocalisse 1:3; 22:10 “il tempo è vicino”). Gli apostoli sono morti più di diciannove secoli fa, e tutto ciè che era imminente nel loro tempo non è ancora accaduto. Quindi, quant’è vicina una cosa, così anche l’altra.

9:1 Certo anche il primo patto aveva norme per il culto e un santuario terreno. 2 Infatti fu preparato un primo tabernacolo, nel quale si trovavano il candeliere, la tavola e i pani della presentazione. Questo si chiamava il luogo santo. 3 Dietro la seconda cortina c’era il tabernacolo, detto il luogo santissimo. 6 Questa dunque è la disposizione dei locali. I sacerdoti entrano bensì continuamente nel primo tabernacolo per compiervi gli atti del culto; 7 ma nel secondo, non entra che il kohen gadol una sola volta all’anno, non senza sangue, che egli offre per sé stesso e per i peccati per errore del popolo.

E questo è un particolare che la maggior parte dei cristiani non considerano: i peccati che richiedono un sacrificio di sangue per l’espiazione sono quelli commessi per errore o ignoranza, vale a dire, inavvertitamente, senza la volontà o senza conoscenza. I peccati volontari non sono redenti in questo modo. Non è il caso ora di dilungarci sulla spiegazione dei tipi di peccati ed i rispettivi risarcimenti, perché ci vuole uno studio ad hoc sull’argomento (vedi: “Sono necessari i sacrifici per la remissione dei peccati?”). È sufficiente quello che in questo testo è già definito, che si tratta dei peccati per errore, non di tutti gli altri.

9:8 Lo Spirito Santo voleva con questo significare che la via al santuario non era ancora manifestata finché restava ancora in piedi il primo tabernacolo. 9 Questo è una figura per il tempo presente. I doni e i sacrifici offerti secondo quel sistema non possono, quanto alla coscienza, rendere perfetto colui che offre il culto, 10 perché si tratta solo di cibi, di bevande e di varie abluzioni, insomma, di regole carnali imposte fino al tempo di una loro riforma. 11 Ma venuto il Messia, Kohen Gadol dei beni futuri, egli, attraverso un tabernacolo più grande e più perfetto, non fatto da mano d’uomo, cioè, non di questa creazione, 12 è entrato una volta per sempre nel Santo dei Santi, non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue. Così ci ha acquistato una redenzione eterna. 13 Infatti, se il sangue di capri, di tori e la cenere di una giovenca sparsa su quelli che sono contaminati, li santificano, in modo da procurar la purezza della carne, 14 quanto più il sangue del Messia, che mediante lo Spirito eterno offrì sé stesso puro di ogni colpa a Elohim, purificherà la nostra coscienza dalle opere morte per servire l’Elohim vivente!

Se seguiamo il ragionamento nel contesto capiamo che l’autore continua con lo stesso argomento, che è l’offerta di sacrifici nel santuario per i peccati già descritti. E ci spiega che, in vista della distruzione del santuario terreno, è il sacrificio di Yeshua che ci purifica la nostra coscienza dalle opere morte - ovvero, dei peccati, perché ciò che porta alla morte non sono le opere d’obbedienza, ma di disobbedienza.

9:22 Secondo la legge, quasi ogni cosa è purificata con sangue; e, senza spargimento di sangue, non c'è perdono.

Siamo sempre in armonia con tutto quanto già detto prima, e anche se i destinatari, essendo Giudei, sapevamo di cosa stava parlando lo scrittore, il lettore moderno, non sapendo queste cose e non essendo adeguatamente informato, di solito sbaglia nella sua interpretazione. Siccome si è già detto in 9:7 che sono i peccati per errori quelli che richiedono il sacrificio di sangue –ed è così che è scritto in Levitico 4:2,13,22, 27; 5:15, 17,18; Numeri 15:24,27, che il sangue si offriva solo per i peccati involontari, e per consacrare i kohanim (Esodo 29:1)–, è a questi stessi che si riferisce in 9:22, perché non tutti i peccati richiedono spargimento di sangue.

10:12 Egli, dopo aver offerto un unico sacrificio per i peccati, e per sempre, si è seduto alla destra di Elohim, 13 e aspetta soltanto che i suoi nemici siano posti come sgabello dei suoi piedi. 14 Infatti con un’unica offerta egli ha reso perfetti per sempre quelli che sono santificati. 15 Anche lo Spirito Santo ce ne rende testimonianza. Infatti, dopo aver detto: 16 “Questo è il patto che farò con loro dopo quei giorni, dice il Signore, metterò le mie leggi nei loro cuori e le scriverò nelle loro menti”, egli aggiunge: 17 “Non mi ricorderò più dei loro peccati e delle loro iniquità”. 18 Ora, dove c’è perdono di queste cose, non c’è più bisogno di offerta per il peccato.

In relazione a quanto abbiamo detto in 8:13, l’autore sembra avere la stessa convinzione degli apostoli in quanto ai tempi, e ritiene che il nuovo patto annunciato in Geremia 31 sarebbe compiuto in breve termine. Ciononostante, come è evidente, mentre il Messia non abbia messo i suoi nemici sotto i suoi piedi, e la Torah non sia nei cuori degli uomini, questo patto non si completa.

10:24 Facciamo attenzione gli uni agli altri per incitarci all’amore e alle buone opere, 25 non abbandonando la nostra comune adunanza come alcuni sono soliti fare, ma esortandoci a vicenda; tanto più che vedete avvicinarsi il giorno. 26 Infatti, se persistiamo nel peccare volontariamente dopo aver ricevuto la conoscenza della verità, non rimane più alcun sacrificio per i peccati; 27 ma una terribile attesa del giudizio e l’ardore di un fuoco che divorerà i ribelli.

E per coloro che non sono ancora convinti che la Torah è ancora in pieno vigore, nonostante le prove schiaccianti, lo scrittore conferma tutto ciò ha prima esposto consigliando i destinatari a perseverare nelle buone opere, e confermando che in precedenza si riferiva ai peccati non intenzionali, dice senza esitazione che chi pecca volontariamente (cioè, che viola la Torah, perché il peccato è la trasgressione della Torah) non ha più la possibilità d’afferrarsi al sacrificio, ma può solo attendere il giudizio. Non è così facile come lo presentano i predicatori della grazia.

10:36 Infatti avete bisogno di costanza, affinché, fatta la volontà di Elohim, otteniate quello che vi è stato promesso. Perché: 37 “Ancora un brevissimo tempo e colui che deve venire verrà e non tarderà; 38 ma il mio giusto per fede vivrà; e se si tira indietro, l’anima mia non lo gradisce”. 39 Ora, noi non siamo di quelli che si tirano indietro a loro perdizione, ma di quelli che hanno fede per ottenere la vita.

Per ottenere la promessa è necessario fare la volontà d’Elohim, e fare non è solo credere, ma obbedire ai Suoi comandamenti, osservando la Sua Legge. Certamente, senza la fede è impossibile da farsi, ma con la fede soltanto non si può ottenere la promessa. Per questo è il giusto, colui che opera il bene, che ha bisogno di fede per perseverare nella giustizia. E così in tutto il capitolo 11 ci mostra che coloro che avevano fede, hanno agito, hanno fatto la volontà di Elohim, hanno osservato i Suoi comandamenti, hanno combattuto per ciò in cui credevano.

12:4 Voi non avete ancora resistito fino al sangue nella lotta contro il peccato, 5 e avete dimenticato l’esortazione rivolta a voi come a figli: “Figlio mio, non disprezzare la disciplina del Signore, e non ti perdere d’animo quando sei da lui ripreso; 6 perché il Signore corregge quelli che egli ama, e punisce tutti coloro che riconosce come figli”. 7 Sopportate queste cose per la vostra correzione. Elohim vi tratta come figli; infatti, qual è il figlio che il padre non corregga? 8 Ma se siete esclusi da quella correzione di cui tutti hanno avuto la loro parte, allora siete bastardi e non figli. 9 Inoltre abbiamo avuto per correttori i nostri padri secondo la carne e li abbiamo rispettati; non ci sottometteremo forse molto di più al Padre degli spiriti per avere la vita? 10 Essi infatti ci correggevano per pochi giorni come sembrava loro opportuno; ma egli lo fa per il nostro bene, affinché siamo partecipi della sua santità. 11 È vero che qualunque correzione sul momento non sembra recar gioia, ma tristezza; in seguito tuttavia produce un frutto di pace e di giustizia in coloro che sono stati addestrati per mezzo di essa. 12 Perciò, rinfrancate le mani cadenti e le ginocchia vacillanti; 13 fate sentieri diritti per i vostri passi, affinché quel che è zoppo non esca fuori di strada, ma piuttosto guarisca. 14 Impegnatevi a cercare la pace con tutti e la santificazione senza la quale nessuno vedrà il Signore:

Questo è un argomento di cui i teologi “della grazia” non parlano mai: la punizione per la correzione che l’Eterno applica a coloro che sono Suoi figli. Quando viene esercitata una punizione? Quando c’e stat un reato, una violazione. E come ci può essere un reato o una trasgressione? Perché ci sono comandamenti, in caso contrario, che cosa è che potrebbe essere infranta? E ciò che lo scrittore sta dicendo qui è che è meglio ricevere la disciplina mentre siamo qui… perché ogni peccato dev’essere risarcito, rendendosi chiaro che non possono essere ignorati, ma l’Eterno li prende in considerazione, e in qualche modo fà che siano coperti. Perché senza santità nessuno vedrà Elohim.
Il titolo di “Padre degli spiriti” in 12:9 corrisponde a quello con cui l’Eterno è chiamato più volte nel Libro di Henoch, “Signore degli Spiriti” e che nel TaNaKh si trova solo due volte, in Numeri 16:22; 27:16. Il linguaggio nel resto di questo capitolo (12:18-29) ritorna al tono solenne molto simile alla letteratura di Henoch. E l’ultimo consiste in consigli e saluti.
Così si conclude lo studio di questa lettera, sperando sia stato chiaro nella sua spiegazione e si sia compreso il suo scopo.



Conclusione

In questo modo diamo per completato questo studio sul Popolo Eletto. C’è ancora il Libro della Rivelazione o Apocalisse, ma non è l’obiettivo qui di parlare d’escatologia, che è l’argomento di quest’ultimo. Soltanto faremo qualche osservazione relativa al nostro argomento, cioè Israele e l’assemblea dei credenti innestata nel buon olivo, che è Israele.

Dal libro dell’Apocalisse vedremo un passaggio:

Apocalisse 7:9 Dopo queste cose guardai e vidi una folla immensa che nessuno poteva contare, proveniente da tutte le nazioni, tribù, popoli e lingue, che stava in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, vestiti di bianche vesti e con delle palme in mano.
13 Poi uno degli anziani mi rivolse la parola, dicendomi: “Chi sono queste persone vestite di bianco e da dove sono venute?”
14 Io gli risposi: “Signor mio, tu lo sai”. Ed egli mi disse: “Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione. Essi hanno lavato le loro vesti, e le hanno imbiancate nel sangue dell’Agnello. 15 Perciò sono davanti al trono di Elohim e lo servono giorno e notte, nel suo tempio; e colui che siede sul trono stenderà la sua tenda su di loro.


Qui Yohanan vede una grande moltitudine “di ogni nazione, tribù, popolo e lingua”, e fa una domanda molto interessante: “Chi sono questi e da dove sono venuti?””. Questa stessa domanda fa Esaù a Yakov, e poi a Yosef:

Genesi 33:5 Poi Esaù, alzando gli occhi, vide le donne e i bambini, e disse: Chi sono questi che hai con te? Yakov rispose: “Sono i figli che Elohim si è compiaciuto di dare al tuo servo”.
Genesi 48:8 Israele guardò i figli di Yosef e disse: “Questi, chi sono?9 Yosef rispose a suo padre: “Sono i miei figli, che Elohim mi ha dati qui”. Ed egli disse: “Ti prego, falli avvicinare a me e io li benedirò”.


La folla era Yohanan ha visto era la pienezza dei gentili. Questi erano nella discendenza di Yacov, come eredi della promessa, ed erano insieme a Israele. E nei figli di Yosef, particolarmente in Efraim, capo della Casa d’Israele, era la pienezza dei gentili, “melo ha-goyim” (Genesi 48:19). Cioè, tutta l’umanità è redenta a causa della restaurazione di Israele.

Per quanto riguarda l’argomento principale dell’Apocalisse, l’eresia dispensazionalista sostiene che l’entità chiamata chiesa non sarà presente sulla terra negli ultimi tempi, in cui si scatena l’ira ed accade la chiamata grande tribolazione, in cui presuntaments saranno gli Ebrei. Tale assurda ipotesi si basa su un’idiozia come questa: la chiesa non è menzionata dopo di Apocalisse 3:22 – allora, s’è per questo, non è menzionata nemmeno nella Nuova Gerusalemme, vuol dire che non ha partecipazione nell’eternità, mentre Israele sì è nominata, ed è una parte fondamentale di essa (Apocalisse 21:21). Tuttavia, i santi sì sono menzionati in tutto il libro (5:8; 8:3,4; 11:18; 13:7,10; 14:10,12; 15:3; 16:6; 17:6; 18:20,24; 19:8; 20:9; 22:6), il che significa che se questi considerano che la chiesa non c’è, essi non la identificano con i santi, e di conseguenza i membri della chiesa non sono santi. È bene che essi lo riconoscono, perché se la chiesa crede che la Torah eterna è stata abolita, essa non potrà mai raggiungere la santità. E lo stesso libro lo dice: 14:12 “Qui è la costanza dei santi; coloro che osservano i comandamenti di Elohim, e la fede di Yeshua”. Significa che i santi non sono solo coloro che credono in Yeshua, bensì quelli che pure osservano i comandamenti di Elohim, la Torah.
E le altre cose scritte in Apocalisse, come abbiamo detto, non hanno a che fare con l’argomento che abbiamo sviluppato, ma appartengono ad un’altra conversazione.

 

 

Indice Principale